DUNCKER CLUB – Berlin (DE)
Siamo stanchi e in ritardo notevole sulla tabella di marcia. Io sono l’ultimo a svegliarmi e devo ancora smontare la battera, credo di aver dormito forse due ore. Mentre mi controllo le glicemie e guardo gli altri in strada imballare il furgone in mezzo alla neve incrociando con lo sguardo una delle cape del locale ancora truccata da Michael Jackson, ricevo un sms dove vengo informato della morte di mia nonna e di un ricovero di mia madre in ospedale… Andrea è in forma alla guida e segue le indicazioni vocali deliranti del nuovo tom tom gentilmente prestato da Ale Edera; ci sono problemi, il furgone fa dei rumori strani, alla prima area di servizio scopriamo che è senza olio e così sarà per i successivi 2 giorni. Forse avrei dovuto controllarlo durante il viaggio di 8 ore a carico pieno di ieri invece che dormire. Il locale è una bomba, ma lo apprezzeremo più tardi; dato il nostro ritardo abbiamo un’ora per fare il sound check di 3 gruppi e per fortuna l’accoglienza e la comprensione del Dunker è comunque ottima. A cena nell’area fumatori arrivano svariati amici come il Pilia, Irene e Gaia (con l’ ultima scopro pure di averci fatto l ultimo dell’anno…), la fungola in vacanza, una specie di drag queen newyorkese amica di Carolina e probabilmente molti altri ancora. Mentre in camerino (a panza piena) compiliamo scartoffie e contratti vari per la dolcissima capa del club Ida, le Lilles on Mars (un duo di simpatiche fanciulle sarde) si imbatte con un locale dal palco ingestibile a livelli d’ascolto, ma da un pubblico folto e decisamente interessato. Quando è il momento del moro succede quello che in Italia ai festival temo da una vita; il cambio palco è eterno, 1° perché non siamo ancora in grado di prepararci prima a bordo palco un tavolo già cablato con un mac, scheda audio e 1 mixer, 2° per la evidente “stanchezza” di tutti! Qualcuno urla che ci rimangono solo 40 minuti per fare anche il set di Honey, si parte. Il portatile del moro dà di matto, non dà il click e di conseguenza la traccia audio con i cambi che seguo dalle cuffie normalmente. Siamo a caso, bendati, cerco di appoggiarmi a stento su una base distorta e confusa. Il litigio impegnativo che scatta post gig con Lorenzo, è risolto con una obiettiva soluzione tecnica di Ru. Dalle stalle alle stelle; lo show di Honey in versione pillola (6 brani al posto che 12) è una bomba, il suono spacca e il pubblico reagisce benissimo. La serata si riassesta in orge di vinelli rossi e vodke giocate al bancone con i dadi da poker in compagnia della lingua più veloce e sbausciosa del far west Irene, la Fungola e Gaia, discorsi filosofici annebbiati da ormoni che confondono i neuroni, un buttafuori diplomatico tedesco che alle 5 del mattino mi lascia in consegna le chiavi del locale, ma anche la mia insulina e il mio portafoglio ritrovati ore prima in giro per il club, un arrampicamento improbabile sulle scale che portano al soppalco della zona letto dove il Teobazio si addormenterà in tempo record russando sulle spalle di una santa pungola.