matteite

Diario

elio p(e)tri

live Pao – San Benedetto del Tronto (AP)

Uau che periodino, viva la primavera… Siamo alle solite, siamo alla fine di tutto quando passo il pranzo pasquale seduto su un Intercity da San Benedetto del Tronto a Bologna distratto da una fanciulla (credo rumena) che strafatta di ogni cosa, sconvolta, con l’occhio assente, perso, continua a scoreggiare mentre sorseggia in loop uno sciroppo per la tosse che sa molto di dopante per il cranio. Mi verrebbe da domandarle se ha bisogno di una mano o se qualcuno le ha fatto del male, conoscere la sua storia, ma non me la sento ancora, al momento continuo a scrivere e lei continua a fissarmi collegata con Telecapodistria o ad alzarsi facendo dei micro giretti da un minuto per il corridoio modello ora d’aria… per fortuna c’è il mare fuori dal finestrino o il pranzo al sacco che mi aspetta al varco dentro al mio zaino! Ho passato nuovamente due splendidi giorni in Toscana a lavorare, mangiare e bere come un principe da mia zia Elena e Andrea; mi sono ustionato sotto il sole come un povero mona, ho tagliato un sacco di legna riempiendomi le mani di schegge, ho passato delle splendide cene a parlare e confrontarmi con gli zii! Venerdì sera, dopo le super prove all’ormai solito centro sociale di Terni, colorate da una forte stitichezza del Matteino, passiamo una serata competitiva nel bar in centro dove lavora Daniela, ex storica di Emi. Andrea deve lavorare la mattina in Coop dunque si concede la branda da Lalla molto presto, mentre io e Emi (non so con quali forze) decidiamo di continuare le vasche con Daniela passando da una discoteca indie in periferia (dove conosco pure l’organizzatore della nostra prossima data all’anfiteatro Fausto), un Irish Pub in centro e un finale da 6 del mattino diviso fra i colli di fronte a una fontana con vista su tutto il capoluogo ternano e le salsicce e pecorino prima di nanna a casa Angelelli. Finalmente dormo. Mi sveglio come un principe prima di pranzo con doccia con miscelatori dell’acqua tipo test (sfido chiunque a capire come si mette l’acqua calda…), controllo delle mail, breve chiaccherata telefonica con il cugino Elio per il meeting lignanese di oggi, e finalmente sono pronto ad affrontare la spettacolare e graditissima tavola Angelelli, colorata dallo slogan “pissicologico”. Andrea vuole dormire dopo il lavoro, Lalla invece è in piena forma. Quando sono le 15.30 siamo già in viaggio su una strada infernale, piena di curve, che dovrebbe giustificare il passaggio per le spettacolari Cascate delle Marmore, ma ieri il festino è stato decisamente prolungato e anche se sono seduto davanti il mio stomaco non metabolizza la gincana. Il Pao è sul mare, è un ristorante molto “Dailit” e uno dei titolari, Paolo è di una ospitalità decisamente sopra la media nella penisola. L’impianto è carino. Di supporto c è un duo composto da ragazzi molto giovani (non ricordo i loro nomi, come quello del progetto) con i quali condividiamo tutto il backline. Emi si è fatto prestare da un amico una batteria premier anni ’80 rossa molto figa, ma dalle pelli decisamente discutibili. Il suono è imbarazzante e il fatto che non posso tenere il tom centrale mi sfasa totalmente l’impostazione e dunque anche il modo di suonare certi brani del set. I piatti rientrano nei microfoni della voce e nell’impianto impastando la voce, che fischia, e facendo scomparire la base. Paolo mi consiglia di mettere dello scotch sui piatti, di fermarli e anche se per me è un follia pura perché rischio di romperli, seguo il suo consiglio come segno di riconoscenza! La cena è infinita, mangiamo e beviamo come delle rockstar, ci lasciamo andare a grappe, sigarette e divertenti discussioni con i clienti del ristorante che per la maggior parte non si fermeranno a vedere il concerto. Quando è la mezzanotte passata e il gruppo di supporto molto discutibile e ingenuo è riuscito a non fermarsi per il concerto portandosi via i quattro amici delle medie, la sala si riempie e gli elio p(e)tri, armati di cravatte, gonne, birre e vodke si lanciano nella mischia pilotati da un nuovo fonico tutto fare amico di Paolo, che per fortuna aggiusta i suoni fastidiosi nei primi tre brani. Nella mischia c’è anche un altro ragazzo molto simpatico che scrive per Rockit e tutta una serie di ragazze alle quali a fine concerto proverò a vendere dei dischi, guadagnando pure una piccola discussione con due di queste, alle quali darò deliberatamente delle lesbiche, spacciandomi per omosessuale. Le breaking news sono che, primo, ho rotto “definitivamente” il mio unico pedale storico che tengo dall’estate del 90 (sì, quella dei mondiali di pallone in Italia, quando ho barattato per lui i primi 50 numeri originali) e per me è una specie di lutto, secondo, non c è un bar aperto per andare a bere l’ultimo con Emi (a parte dei romantici pop corn e salsiccette a un distributore automatico), terzo, devo prendere questo cazzo di treno alle 11 del mattino (ci sono sopra… ci siamo svegliati), quarto, Chiareta mi ha appena chiamato dall’ospedale facendomi preoccupare non poco, e quinto, in definitiva non so ancora se con tutto il backline della battera in treno passerò per Udine o Lignano. Che logistica da ricovero! La ragazza si è addormentata poco dopo una piccola sbavata dalla bocca. Le ho chiesto se le serve aiuto, se è tutto ok. Dice che le manca l’aria, ma il finestrino non si apre. Ha pure provato a mettere la faccia sul condizionatore! Mi sento in missione per conto di dio e lei ha una botta attorno che supera di gran lunga quella di tutti i clienti di ieri sera al Pao messi assieme. E anche quest’anno niente “Mi ami”, quasi quasi la volta che mi ci invitano dico che un crampo ai coglioni e me ne rimango a prendere il sole in Friuli.

elio p(e)tri

live acustico Forte Fanfulla (+Marco Parente) – Roma

Il risveglio è importante, come il pranzo con Emi e Edi, e la classica pasta del Matteino cipolla zucchine e capperi, con gli ultimi sostituiti da una violentissima ‘nduja calabrese. La notizia del giorno a panza piena è che Poppi ha appena invitato gli elio p(e)tri ad aprire nuovamente un concerto in acustico di Marco Parente al Forte Fanfulla, in cambio di super cibo, bibite e molta molta simpatia. Emi è emozionato, la sua chitarra acustica è stata distrutta dal sottoscritto e io sono senza reggi rullo. Tramite Manu, francesizzo del Fanfulla, recuperiamo la ferramenta mentre per la chitarra ci pensa a buttarla al centro Modì, un amico musicante romano di Parente, che tra l’altro in serata ci sorprenderà tutti con un brano sulle formiche veramente geniale. Il ristorante funziona alla grande, c’è un bel po’ di gente a cena e qualcuno sembra anche interessato alle nostre performance musicali. Il vino rosso e il rum smolla un pochino tutta la tavolata, arricchita anche dalla presenza della teatrante Elena, che oltre ad avere un vestitino a fiori che ricorda quello della Zizza, è del ’76 praticamente come il sottoscritto. Marco ha una voce pazzesca e soprattutto (a differenza del circolo) finalmente riesco a capire cosa dice. I suoi testi sono decisamente sentiti e interessanti. Quando sono a panza piena, colpo di scena, mi invita pure ad accompagnarlo con il rullante, e anche se non ho mai sentito i suoi dischi, l’alchimia (soprattutto per un sacco di dinamiche e i suoi determinanti segnali) è assoluta. Non nascondo che mi emoziono spesso, annaffiando tutto con il rosso e i sorrisi divertiti dei presenti. Emi si è preso male, non ha intenzione di suonare, ma tutti lo sfottono e alla fine ci lanciamo nella mischia anche come elio p(e)tra con cori di Chiara Roma e due amici seduti di fronte con i piedi sul palchetto. Il ristorante ha finito il cibo, Poppi che oltre a essere dimagrito, tiene i capelli lunghi e sembra dieci anni più giovane, è strafelice; dice che l’esperimento culinario musicale ha funzionato a bestia e conferma la sua idea di fare anche Lavinia, perché impressionato dalla sua voce. Usciamo ed entriamo di casa spesso durante il trasferimento dal Forte al Fanfulla, beviamo e soprattutto finisco di imballare la mia roba dato che alle otto del mattino ho un treno per la Toscana. Il calcetto, il rum, la vodka, la teatrante, Edi, Marco Parente, lo staff del Fanfulla, sono energia all’ennesima potenza… verso le cinque del mattino chiudiamo i battenti, Emi decide di finire un lavoro con quella di svegliarmi a momenti, chiaramente non succede e chiaramente la figurella poco cool con Andrea e zia Elena arriva puntuale come un meritato boomerang di merda. Rock ‘n roll, sto andando in un loco senza internet per una settimana!



elio p(e)tri

live acustico Radio Città Futura + Circolo degli artisti (+Marco Parente) – Roma

Eccoci, partiamo da ieri mattina, perché una giornata così sfigata o discutibile non succedeva da un pochino. Mi sveglio alle 9 a Udine nel letto con Chiara (dopo un week-end assieme post quasi un mese di silenzio) e chiamo al volo Zarli il dentista a Codroipo perchè la sera prima mi si è staccata per la seconda volta una delle due protesi provvisoria da quattro denti. Il guerriero Settimo mi porta con la nuova Fiat nera (colore scelto all’acquisto da Mamma Orsa, rinnegato poi automaticamente al primo incontro metallico) e verso le 11 siamo in studio. Nella logistica dovrei prendere un treno in direzione Trieste alle 11.20, incrociarci sopra zia Maria da Venezia e concludere il meeting a Gorizia con zia Elena e zia Sandri. Risultato? Un disastro, slitta tutto! Mio padre mi porta a Palmanova guadagnando pure tempo sulla tabella di marcia iniziale, ma a quel punto Zia Elena in buona fede ha già posticipato il tutto e dunque l’aspettiamo al bar del casello per 40 minuti annaffiando il tutto con della sazia birra fresca. Si riparte direzione piazzale Roma, Venezia, per caricare Walter, altro animale arruolato in settimana (assieme al sottoscritto) come manovale in vista apertura dell’agriturismo di Castiglione d’Orcia di Zia Elena e Andrea. Quando sembra tutto ok un incidente blocca la squadra in mezzo all’autostrada all’altezza di Padova per più di un ora e, news da urlo, mio padre chiama imbarazzato dicendo che mi sono dimenticato a casa, sotto la tovaglia in cucina, il mio marsupio nero con insulina, ormoni, antistaminici, aghi, gocce omeopatiche anti gatti, analisti portatili… una farmacia. Sono agitato. Dopo varie telefonate optiamo per farmi spedire il tutto via DHL e farlo arrivare la mattina successiva a Roma proseguendo il viaggio. Devo farmi mollare a Chiusi dove partirò in direzione di Orte per farmi prelevare da Emi e schizzare a Terni a provare, ma quando sono in stazione (in ritardo di 2 ore) e cerco di fare il biglietto all’automatico perché le biglietterie sono chiuse, la macchinetta non mi molla il resto, o meglio mi sgancia il biglietto e 5 euro invece che 15 o un ticket di mancato pagamento. Sul treno rischio di non scendere ad Orte perchè le stazioni sono al buio, non illuminate e nessuna voce dall’autoparlante informa la clientela sul nome della prossima stazione! La sfiga sembra finita, a prove conosco Matteo (nuovo e simpatico primo violinista ingaggiato dal vivo nella squadra), proviamo la scaletta due volte lasciando comunque anche i violini nella basi e cerchiamo di fare del nostro meglio con così poco tempo ed energia a disposizione. Sono molto stanco, ma quando sono per strada alle tre del mattino in macchina con Emi, dopo della verdura importante, ci rilassiamo ascoltando a massimo volume “The ideal crash” dei Deus scoprendo dopo ere chitarre, cori, rumori nuovi di un disco amatissimo, emozionandoci in modo importante per tutto il viaggio. Bene, dopo una dormita da letargo, finalmente siamo a questa nuova giornata da cinebrivido… Risveglio impeccabile coordinato con l’arrivo del corriere e dell’insulina e un pranzo da urlo in compagnia dei due fratelli Angelelli. La logistica di questa giornata in principio sembra tranquilla poi chiaramente degenera. Radio Città Futura è in piazza del Gesù, in piena ZTL romana, e ovviamente è raggiungibile solo con i mezzi tipo tram e autobus. Io ho il flight case del rullo bello pesante, carico di aste e menate, ed Emi la sua acustica. L’andata funziona, arriviamo in radio in anticipo. Il responsabile Fabio e la sua collega (della quale purtroppo non ricordo il nome) sono molto gentili e preparati e dopo un soundcheck veloce e la chiusura del programma del Piotta nella regia accanto, entriamo immediatamente nel vivo dell’intervista alternata da due brani con cori a cappella del Matteino tipo Bradipo e La ricetta dell’uomo perfetto. I ragazzi dicono che hanno ricevuto svariati sms di apprezzamento durante la performance, iniziamo a prendere seriamente coscienza che il concerto di stasera al circolo sarà un ottima vetrina per la nostra baracca. Salutiamo, arriviamo in autobus a stazione Termini dopo averne evitati svariati perché erano tutti pieni zeppi di freaks e quando siamo sull’ultimo ci rendiamo conto che sono già due ore che scleriamo in giro per la capitale. Marco Parente e la sua band sono incastrati in autostrada perché hanno bucato una gomma, Andrea, Daniele e Matteo, in arrivo da Terni, sono senza Tom Tom, il circolo ci prega di arrivare prima per il soudcheck, io Emi ci avviamo da casa sua nuovamente a piedi con degli strumenti… E’ dai primi concerti del tour che non suono con le bacchette e mi accontento delle spazzole per le dimensioni ridotte dei club, questo giro sono in piena e in modo rapido ed efficace, coordinati con il nostro piccolo mago fonico Daniele (grande!) e per la felicità dell’organizzazione, ci portiamo a casa velocemente le prove on stage. Slittiamo alla pizzeria del locale dove incontriamo Silvia e Federica e più tardi, al momento di caffè, amari e vodka (buttati al centro dalla gentilissima superstar Valentina) anche Dan e i ragazzi di Sporco Impossibile, unici veri fautori di questo evento per gli elio p(e)tri. Il concerto funzona bene: corto, efficace, la gente applaude in piena e molti sono amici che ha invitato Emi. Non sento molto il violino nel monitor megagigante, ma essendo la prima preferisco, in modo da non farmi distrarre troppo. Sul finale Emi rompe le corde e decide di chiudere, Andrea lo segue e stacca il jack del basso non accorgendosi però che sto scendendo con i piatti per un ipotetica chiusura sul rullo che concludo da solo con Matteo spiegandolo e ringraziando il pubblico in sala. Sono esausto, libero il palco come una scheggia, imballo tutto per paura di scordarmi roba, compilo il borderò e a quel punto, esausto, sono pronto per un’orgia di pinte di Birra con Edi durante gli ultimi cinque brani dello splendido e sentitissimo concerto di Marco Parente, affiancato da una band veramente valida e simpatica. Nel loro camerino, mentre mi complimento per la performance paragonando il bassista esteticamente a quello degli Ac Dc e il battero a quello dei Doors come modo di suonare, scopro che il chitarrista è quello dei Comaneci di Francesca. La serata degenera in modo positivo già a piedi per strada con Daniele ed Emi di fronte a un cantiere della Metro e poi al Fanfulla, perché è il compleanno di Andrea e siamo tutti letteralmente in piena forma. Grazie Edi, Valentina, gli Sporchi, Barbuz, Marco per la pazienza dato il Matteino in piena Matteite, Daniele per gli splendidi suoni a detta anche della gente in sala e il Settimo per l’insulina a domicilio.

Don Vito e i Veleno

Studio Fusa – Corlo – Ferrara

Ho deciso di scrivere anche di questo happening molto speciale e molto importante. Non mi ricordo un cazzo, probabilmente per le mie recenti, imprevedibili e ciccione amnesie. Ci siamo incontrati durante l’inverno per ben 2-3 volte per registrare e arrangiare tutti assieme questo piccolo capolavoro dei Don Vito e i Veleno e mi sto mangiando le mani perché come un mona non ho mai pensato di scrivere anche dei precedenti incontri. Ascolto i premix delle volte prima, mi emoziono e penso a Chiara e al fatto che ci fosse pure lei durante quel lavoro, ai festini importanti dell’ultimo dell’anno in sua compagnia, ma anche all’ottima sinergia collettiva della line up durante la scrittura e la ripresa dei brani. I freaks in ordine casuale e senza dettagli di ruoli e strumenti (durante le Jam si invertono spesso…) sono: Manu Fusa, Vivio detto Jack Tormenta, Federico, Charlie, Puddu, la Zizza alle telecamere e il sottoscritto alla ferramenta e ai tamburi. La splendida sala di ripresa dello studio è stata allestita di lucette, faretti, speciali e validissimi disegni di Federico sulle pareti, manichini di bimbe con tappi di Bavaria in the Basement fissati dalla Matteite con il gaffa, tonnellate di
amplificatori, piani, chitarre, bassi e organi… Ieri sera (venerdi) post viaggio in treno Udine-Ferrara di 9 ore (invece che 3) dovuto a un violento sciopero di Trenitalia, sono state già piazzate da Fede e la Zizza una cosa come cinque telecamere con l’idea di farle registrare tutte assieme e ininterrottamente in modo da avere delle riprese (in sinc con la musica) di qualità completamente diversa l’una dall’altra! Sempre ieri sera è stata microfonata anche tutta la sala, amplificatore per amplificatore, parete per parete, angolo su angolo, con quella che se vedessimo la luce potremmo pure tenere le riprese audio. Ora dopo un risveglio alle 11 del mattino con pizze, cotolette, panini, birete, bareti con Zizza e Manu e cazzi mazzi, sono le 15 del pomeriggio e stiamo decidendo cosa indossare, come vestirci, che tipo di tiro estetico e non solo dare al tutto. Quanto a ironia mi sembra che non ci manchi, mi sento tipo nella big band di Springsteen, chiaramente lo slogan è “mai prendersi sul serio…”, dunque siamo a cavallo, però il confine è sottile, soprattutto quando non si sa ancora se siamo in grado di suonare questi brani live oppure se andremo semplicemente a fare un fucking playback anni ’80 con il sorriso. Ho deciso di incominciare a scrivere subito, altrimenti mi scordo la topa del bar di Corlo di questa mattina, oppure il fatto che prima sono passato con Vivio Tormenta a prendere birre e fish fingers sandwich al Lidl e fondotinta anti sbrilluccichio dei faretti a casa della sua donna vigilata da Aron, un doberman nero, immenso, vecchissimo e ovviamente dolcissimo. Ci servono dei portatili per visualizzare quello che succede nelle camere, fottuta tecnologia del piffero; il mio ha bisogno di un sazio cavo firewire altrimenti nisba; riparto con Piddu e ci spariamo un due orette in pieno sabato pomeriggio ferrarese fra negozi, centri commerciali e bar con titolare datata, ma molto schizzata che butta al centro la toilette in cambio di una sua posa gratuita con le amiche al bar della serie: “E voi dove pensate di andare ragazzi? Presentatevi… Upss.. mi scusi ma lei è la titolare? Certamente… allora complimenti per il locale… e grazie per il servizietto! Si figuri, alla prossima ragazzi!”. Sono ormai le sei del pomeriggio, in studio stanno ancora cablando e il realista Manu propone di darsi una mossa perché non ci siamo neppure ancora messi in postazione! Optiamo per riempirci lo stomaco oltre che di birete, vodka e rum, di una serie di sandwich farciti con roba surgelata, patatine, snack, tutte cose sane che al momento giusto mentre proviamo il primo brano per tipo quasi una decina di volte, riappaiono in altre forme…come compagni di merenda! Comunque la realtà è che anche fare un playback cercando di suonare tutti sull’impianto con il click o hi hat finto a volumi stratosferici non è per niente facile; già per me ricordarmi le partì di battera registrate ai tempi (a detta di Puddu decisamente istintive) ed essere credibile agli occhi malefici delle telecamere che sanno molto di quelle a circolo chiuso delle banche (cctv camera) è una piccola impresa! Più sale l’eccitazione misto presa di coscienza sulla difficoltà tecnica del lavoro e più mi appoggio al tamburello micidiale di Puddu che mano nella mano mi accompagna sul click per tutta la performance, una sorta di sonda malefica e anche un ottimo compagno di bancone, dato che ci siamo creati alle nostre spalle un piccolo camerino con bar in una zona in ombra in fondo alla sala di ripresa… Dopo tipo sette versioni del primo brano “La vita è un videogame”, passiamo al secondo “Crollerà anche il mondo” (Fede mi ha appena suggerito i titoli che chiaramente non ricordo…) con quella che domani è domenica e dobbiamo trovare il tempo e la concentrazione per registrarne altri tre, totale cinque! Ma non finisce qui, a fine serata la Matteite riesce a perdere il regalo di un freak per la squadra o meglio appoggiarlo in mezzo al mixer ed annaffiare con una bottiglia di acqua minerale la testa della Zizza; a me sembra che sia stata lei a chiedermelo mentre le rimbalzo attorno tutto divertito, ma agli occhi di Manu e Puddu sembra che io l’abbia fatto deliberatamente… il sorriso misto sconcerto invade la stanza, forse è ora di fare la nanna anche in queste condizioni… Buogiorno! Non trovo il cellulare, ma apro il portatile in standby a dieci centimetri dal mio orecchio destro: sono le undici del mattino per la seconda volta, non sono nel film di quello che si sveglia sempre nello stesso giorno right? Ho dormito come un sasso e pure bene, grazie a tutti quelli che sono riusciti a sopportarmi a fine serata ieri quando schizzavo in giro da per tutto lo studio toccando le pance di tutti, con quella di avere un contatto fisico… Spero in una doccia, ma l’acqua calda ha deciso di prendersela troppo comoda. Trovate le mutande apro tutte le finestre e cerco di fare pulizia, riempio tre sacchetti della spazzatura di cadaveri di cibi e bevande di ogni genere, riordino i vestiti, checco le glicemie un po’ basserelle per il festino di ieri, ingurgito ormoni, gocce omeopatiche antiallergia e naso rosso da vecio d’osteria, mi faccio d’insulina e mi sparo tre sandwich con delle sazie parigine direttamente dal frezeer (ora sono finite). C’è una giornata da urlo; la campagna ferrarese a primavera con il sole ti apre il cuore, niente a che vedere con l’afa e le zanzare dell’estate o la nebbia e il gelo del inverno, è decisamente il periodo più bello, quello nel quale ti verrebbe da invitare un sacco di altri amici e stenderti in giardino a prendere aperitivi sotto il sole. Sto finendo la mia prima bireta del giorno, è ora di lavarsi i denti, farsi la riga in testa e attaccare… ma quando arrivano gli altri? Si era detto alle 12 e sono già le 13.00?? Sento i passi della Zizza di sopra, bene datemi un caffetin zio pompin! Non ci mettiamo molto a capire dove siamo, chi siamo e quanto il tempo è denaro in una situation del genere. Ancora con le tute, assolutamente non in assetto glam freak ma pantofola dipendente, ci mettiamo a provare “Un semplice bacio”, il primo brano dei tre della giornata. E’ decisamente il più bello dei cinque, ha un groove appoggiato anni ’90 stilossisimo, mi ricorda un sacco di cose di quel periodo anche tarre, ma assolutamente efficaci e divertenti! La semplicità è concentrazione e ci sbellichiamo dal ridere come dei matti. Entriamo nel trip del lavoro e l’orgia di birre e sigarette schizza tutta la squadra in una dimensione piacevole, concentrata, ma anche molto operativa… non mancano le jam no sense, le partite a palette in mezzo al prato con Charlie durante il travaso dei filmati, i confronti a shottini di vodka in una primavera da urlo e le discussioni con Birillo, cane mignon dei vicini costantemente infoiato e dunque dal membro perennemente sull’attenti! “Anita” è il 4 brano, decisamente intenso, diretto, un pugno nello stomaco talmente sincero che ti fa venire solo voglia di cantarla e lasciarti andare perdendo il tempo come per molte versioni è successo al sottoscritto! Ogni volta cambiano gli strumenti e i loro suonatori così le posizioni delle telecamere che segue la Zizza coordinata con Puddu, Manu e Viviana… quella dalla cresta e dalla maglietta dei Sex Pilstols, come Charlie con la giacca umana, Puddu con il gilè dei Modena City Ramblers, io con la solita gonna e la cravatta rossa da mona e Manu con la camicia arancione e il baffo da competizione! Quando siamo all’ultima “Ferraresi tutti appesi” oltre ad essere leggermente provati da suoni, bibite, ascolti dall’impianto a volte precari perché privi di click (per me determinante) e divertenti viaggi in gonna a comprare vino e birre all’arci di Corlo con Charlie, siamo anche coscienti del testo importante e del mood del brano obiettivamente darcofilo e polemico. Non c’è una bella aria o meglio tutti sono gasati ma il sottoscritto si perde facilmente finché verso una delle ultime versioni parte verde e capisce di non essere fuori tempo, ma semplicemente in ipoglicemia. Recupero dello zucchero di canna con l’acqua e in un battibaleno sono di nuovo della squadra per altre due versioni del brano che una volta terminato (forse per un calo di tensione generale) porterà la Zizza su una sedia in giardino per un forte abbassamento ti pressione. Tutto ok, nel frattempo si smontano cassette video, si scaricano i file dagli hard disk, si smonta uno studio di aste e di strumenti infilando come al solito parte delle roba nelle auto, si collezionano bottiglie vuote di birre e piene di acqua nel frigo, si lavano i piatti, si chatta con Emi da Roma, si finisce di scrivere questa lista della spesa checcando gli orari dei treni per domani, ci si rilassa pensando alla data con i Morti a giugno a Ferrara e soprattutto al fatto che anche questo disco (come quello del Moro, del Fabbro, di elio p(e)tri o quello già finito del Cane) verrà una piccola orgia di emozioni assolutamente gratuite per quelli ai quali ovviamente non interessa lasciarsi andare dentro.

elio p(e)tri + Il Moro e il Quasi Biondo

Casa circondariale – Pordenone + Casa Aupa – Udine

Partiamo all’inverso come al solito… tipo da ora, mentre saluto i due elio p(e)tri fuori da Marty cosciente di aver perso le chiavi di casa, probabilmente durante il travaso del merchanda di ieri sera prima del terzo concerto. Non ho mai fatto quattro concerti nella stessa giornata (almeno che mi ricordi), non mi sembra proprio e comunque non g’ho cazzi di andare a leggere quattro anni di blog per averne la conferma… La seconda seratina con Betta (mia ex storica che non incontravo da 20 anni) e il resto della squadra del giovedì sera è stata alquanto impegnativa: per mia fortuna o sfortuna questo giro non ho avuto incontri ravvicinati del terzo tipo con un’altra persona, a questo punto del nostro rapporto innominabile, dunque fila tutto liscio. Poche ore di sonno e io, Emi e Andrea passiamo a prelevare quella fava del Liva che chiaramente non si è svegliato. Oggi è il nostro fonico in carcere a Pordenone e nessuno di noi ha mai messo piede in un penitenziario in tutta la vita, figuriamoci per andarci a suonare, confrontarsi con dei detenuti buttando al centro della musica dal vivo. Ma la mia ragione non è solo questa; devo incontrare Manuel, ex Ulan Bator, che è dentro da più di un anno e tramite Piergiorgio, un prete sgaissimo più che anomalo rispetto alla categoria, è riuscito a farmi contattare per questa iniziativa sapendo benissimo della mia più totale agitazione solo all’idea di andarlo a trovare. Ha fatto bene, e questo basta e avanza. Si deve fare due set, uno la mattina e uno verso le 2 del pomeriggio perché il carcere è molto piccolo, e soprattutto super affollato, e dunque gli spettatori arrivano a due rate. La stanza terrà una quarantina di persone, Manuel è uno dei primi a entrare e non fa altro che ringraziarmi. Lo trovo bene, mi emoziono e cerco di non farmi prendere dalla malinconia, anche se al primo brano vado dritto in ipoglicemia come la Sandre, che la prima volta che è passata a trovarlo è svenuta in diretta. Non c’è problema, un detenuto mi passa del tè dolcissimo e mi rimetto in carreggiata. Il Dj Fabbro legge al microfono due righe molto forti, non me le ricordo molto bene, ma so che nel suo spietato cinismo sta dicendo che loro dentro sono i più pericolosi e incazzati di tutti. Passo l’intero concerto a guardare la sua faccia, quella di Piergiorgio accanto e di tutti gli altri seduti su sedie di plastica blu, domandandomi (come farebbero tutti) la motivazione per la quale sono stati internati. Il gig funziona bene, il mio modo schizzato e scenico di suonare i tamburi (che inevitabilmente slittano sul pavimento liscissimo) fa decisamente effetto sui presenti; urlano, ballano, percuotono le finestre, cercano di lasciarsi andare per un’ora in un posto dove di solito non succede assolutamente un cazzo, dove la noia in mancanza di iniziative come questa non è neppure mortale, perché ti tolgono le cinture, ti impediscono perfino di ammazzarti. Il prete commenta intelligentemente e istintivamente i testi di Emi, cerca un dialogo fra noi e gli spettatori, ride interessato ed è molto più rock ‘n roll, ma con le palle dei secondini che girano annoiati per la stanza. A pranzo siamo alla casa dello studente, beviamo del vino di merda e la mia bocca brucia da morire per il lavoro del mio dentista del giorno prima. Il secondo gig è caratterizzato decisamente da tre elementi: un ragazzo indiano di nome Mandip che improvvisa un rap nella sua lingua dirigendoci pure e creando una jam totalmente Asian Dub Fondation, un altro detenuto nero che mi strappa due lacrime ringraziandoci al microfono per la bella musica, l’emozione, la professionalità e per averlo fatto sentire fuori da quel posto per un’ora e terzo elemento sconcertante, aver scoperto tramite Manuel che avremmo suonato di fronte a dei pedofili, a uno che ha ucciso la moglie a badilate o a un altro che ha sgozzato la figlia. Sono cose forti, mentre scrivo ora a mente lucida mi sento fortunato, grazie Manu il tuo disco verrà una cannonata. Sulla via per Udine accompagniamo Piergiorgio a restituire l’impianto voci in affitto al negozio e lui come un principe mi ricompra 30 euro di spazzole, che ho massacrato durante la performance. Siamo stati senza cellulari per tutta la giornata, il dentista mi ha cercato otto volte, lo chiamo e mi spiega che sono intollerante a un cemento ai chiodi di garofano con il quale mi ha fissato le cinque capsule provvisorie il giorno prima, passiamo per Codroipo, mi riapre e smonta tutta la bocca, prende delle nuove impronte dei denti e mi rilancio in strada con gli altri in direzione Udine. Quando arriviamo da Marty sono le 18.30 e si ha giusto venti minuti prima di andare a fare un nuovo sound check a casa Aupa. Qualcuno obiettivamente dice che siamo appena a metà della missione, brindiamo con mia sorella, che ha il week end libero dalla prole, con il Franciacorta regalato da Betta la sera prima. L’eroe del secondo tempo di questa giornata è decisamente Alessandro di Casa Aupa, che veste tipo dodici ruoli diversi, dal cuoco, al fonico, a promoter di questo circolo arci udinese. La logistica sul palco è molto lunga, siamo stanchissimi, ma la cosa che mi rasserena di più è che una volta montata la battera posso inchiodarla selvaggiamente sul palchetto in legno distrutto e non muoverla più per il resto della serata. In ordine facciamo il check con gli elio e poi con Il moro e sarà anche questo l’ordine del concerto. Ho invitato personalmente un sacco di gente mail by mail e quando stiamo mangiando una pasta al volo ne incomincia ad arrivare veramente molta. Tra le varie cose oggi è anche la festa della Matteite, queste al momento sono le due band della mia etichetta e del Pierascador che funzionano meglio e sono orgoglioso di sguinzagliarle in casa! Ci siamo dimenticati il merchanda in studio, scortato dal Ventura, che non vedo da ere, schizziamo a prelevarlo e nel trip probabilmente perdo pure le chiavi di casa, ma me ne accorgerò solo alle cinque del mattino! Boia quanta gente! C’è anche il Toffolo con Luca Basso e Deison, mancano chiaramente tutti quelli connessi all’innominabile e soprattutto tutti gli amici di PN che per lavori e cazzi e mazzi hanno preferito non rischiare le patenti. Bene siamo al numero tre. Salgo sul palco sereno, perché ho un ascolto nel mio monitor, decisamente confortevole, a differenza di quello dell’impianto, che a detta del pubblico manca di voci e basi. Suoniamo precisi, è il nostro terzo e ci mancherebbe pure, forse potremmo fare a meno di provare per un pochino dopo un numero del genere. La gente si complimenta, il Moro come il Viet e Gian dicono che siamo stati impeccabili, mi emoziono pensando ai numeri su “dormire” della giornata  e mi lascio andare pensando al fatto che one of these day mi comprerò per 50 euro, a Codroipo, le pelli nuove. Sono in acqua, esausto, ho bisogno di staccare, di fumare una sigaretta, probabilmente scopare, innamorarmi di nuovo e trovare un lavoro serio ah!? Sono al bar che bevo shottini di vodka rigorosamente con lo staff, quando sento partire la base della primo brano del Moro; giustamente e senza ansie ha incominciato senza Spiderman, ormai Cane. Questo non è un concerto, è un laboratorio musicale, ma soprattutto emotivo. Dopo che suoniamo il secondo brano io in levare e il lento in battere senza riuscire a rientrare con tanto di applausi sentitissimi, capisco che sono libero di fare con il Moro quel cazzo che voglio. Rimango in gonna, sudo come una capra e il jack delle cuffie mi si attacca sulla schiena, accetto la sfida. Improvvisiamo un sacco, il Lento non si accorge in due brani di avermi messo in loop i messaggi guida nelle cuffie, sento a tempo… “ok, ecco il gancio one-two-tree-four “per dieci minuti e così altre segnali morse loopati in altri brani. Il China casca in continuazione, lo prendo e lo sbatto per terra di cattiveria evitando il Mac del Moro, saltano i chiodi, urlo innervosito domandando della birra della quale sono già stato rifornito alle mie spalle,  rinchiodo l’asta del charlie, lancio le spazzole e poi non le ritrovo, mimiamo una partita a ping pong con il Moro che suona a tempo i campioni del tennis della Wii, mi sto divertendo un sacco e il disco dei Liars del pomeriggio in macchina mi ha riportato nei fortunati fine anni ’90, ma io sogno i Cop shoot cop, gioco in un laboratorio sul palco che non è niente poco di meno che una ricerca di qualcosa, di un concerto, di un disco di ormai tre anni prima che dopo più di novanta concerti può essere reinterpretato e suonato in modo ogni volta diverso come fossimo in un ascensore o come in un bosco o una chiesa o una biblioteca, la dinamica è fantasia, quello che abbiamo da dire dipende molto da come siamo messi dentro, come quando urlo al mic che nel pomeriggio ho suonato di fronte a dei pedofili e non avrei voluto farlo. Alla fine ringrazio tutti e Lore mi filtra il mic con il Chaos Pad. Non vendiamo dischi, ma riceviamo tonnellate di complimenti. La serata è stata una bomba, meglio della prima al No fun. All’idea di smontare mi viene da vomitare, passo una splendida oretta a parlare di Manuel con Luca Basso e Davide che vedo veramente di rado, quando è il momento di caricare mi ribalto per le scale dell’ex scuola elementare con tutto il morto delle aste rischiando di ammazzarmi e distruggere la scheda audio (devo ancora controllare se funziona), Marty sta parlando con il fratello del suo ex, alzo le antennine e non spero nel peggio. Sgrassie a chi è così curioso che è riuscito a leggere fino alla fine di questo blog infinito della giornata più infinita ed emozionante degli ultimi anni. Grazie a te Gian per la giornata!