HONEYCHILD COLEMAN
Cirolo Arci ALAMEDA Ferrara
Bene il risveglio dopo quattro ore è traumatico! Carolyn ha provato a commuovere le donne delle pulizie dell’albergo lasciando un biglietto sulla porta dettato all’alba dal biondo, ma nulla da fare, alle undici del mattino la signora ci caccia fuori! E’ ferragosto e la sua fretta si manifesta pure alla colazione in giardino, quando raccogliendo delle briciole di pane dal tavolo e dal pavimento, sbotta dandoci degli incivili e consigliandoci la prossima volta di rimanercene pure a casa. Siamo stanchi e qualcuno ci rimane male. Ru ci aspetta verso le quattro a Rimini, siamo in netto anticipo, ci prendiamo un’altra pennichella sui materassini all’ombra di un albero. Sono morto. Durante il viaggio dormo fino a quando mi devo per forza svegliare perché il furgone ha deciso di lasciarci per la terza volta. Questo worst case scenario mi ricorda troppo le avventure anni 90 dei furgoni dei Jitterbugs. Nel frattempo l’agenzia ci chiama e dice che i ragazzi del locale vogliono far saltare la data perché c’e pioggia e hanno paura che non venga nessuno. Il viaggio degenera, arriva un carro attrezzi che ci porta fuori dall’autostrada, ma il furgone si ferma di nuovo. Mi ritrovo a spingerlo da dietro con Ru, lui mi ringrazia sorridendo per averlo invitato a suonare, io rispondo da lord confessandogli che è un onore avere il chitarrista degli Africa Unite nel team… Andrea si sente responsabile, ma vuole fare il concerto e compra un’altra batteria (la seconda della settimana), il sottoscritto corregge un attacco ipoglicemico con un sano beverone zuccherato al caffé, Ru compra delle noccioline e ci fa vedere come apre una bottiglia di birra facendo leva sul suo occhio destro, il biondo e Carolina sono sorridenti, mentre i due terzi dei Comaneci (Andrea e Jenny) sono già al locale e da ore ci aspettano speranzosi. Quando arriviamo sono le dieci di sera e, concerto o no, “questa cena ci spetta per diritto” così come l’albergo, dunque ci sediamo a tavola. Nel tavolo accanto c’è uno squadrone d’amici di Vivio (Don Vito e i Veleno), e a seguire arrivano un po’ tutti. La voglia di suonare è alta, allestiamo il piccolo impianto voci al chiuso, decidendo di fare tutto il set con le spazzole, per non fare casino e dare valore al violoncello, alle voci e a tutto l’abbeveraggio che si è chiesto in cambio di un concerto gratis. La stalla si riempie e c’è un’energia bellissima. Manu e la Zizza (massimi colleghi New Yorkesi nella produzione del disco e del video di Carolina) sorridono e ballano in prima fila. Stiamo suonando dieci volte meglio del giorno prima, cambiamo sereni fra un ritornello e l’altro, siamo preparati e per la prima volta capisco l’utilità e l’efficacia di tutto lo stress per il lavoro fatto assieme la scorsa settimana. Honeychild ha un treno alle quattro del mattino per Milano Malpensa: attacchiamo il bar senza ritegno prima di portarla alla stazione. In albergo c’è un meeting in camera con Mary (la compagna d’Andrea) e altri due loro amici molto simpatici. Seguirà una splendida e costruttiva discussione di fine lavoro con il gentilissimo Ru, riguardo a quest’avventura chiamata Honeychild, i suoi membri, il futuro di una band del genere, sul da farsi per renderla ancora più professionale, su come schivare spesso inevitabili sprechi d’energia, su come stare bene e credere in un nuovo progetto e nelle persone che ne fanno parte. Sgrassie Ruggero, come ovviamente tutti gli altri piccoli ragnetti del Team, ci si vede a prove anche senza la New Yorkese.