matteite

Diario

Il Cane + Edith

Bottiglieria Lo Zio – L’Aquila

Il tour di questo terzo disco de Il Cane persiste ed è proprio come un Boomerang, perché quando pensi che stia per finire, ecco che degli amici stra fighi come gli Edith buttano al centro un’altra tre giorni di concerti importante. Purtroppo, essendo due band, i cachet non sono altissimi, dunque per essere sicuro di rientrare nelle spese, all’ultimo mi vedo costretto ad optare per uno show solitario in acustico, lasciando a casa a Roma Andrea battero e il buon Pierascador a Pordenone. Dopo una notte insonne, verso le 7 del mattino prendo un treno regionale da Udine a Venezia, un altro da Mestre a Bologna e poi un Freccia Rossa da Bologna a Pescara. Verso le 16.00 arrivano a prelevarmi in stazione i due fratelli Legnini Enrico ed Ivano, Axel e Pilù, praticamente tutti gli Edith escluso Matteo Kyuss, in arrivo con donna direttamente a L’Aquila con il secondo mezzo. La bottiglieria è un locale molto piccolo e strafrequentato in pieno centro, vicino allo stadio. Andrea barbuto e tatuato più Daniele del locale e tutti gli altri loro colleghi, sono di una disponibilità e accoglienza speciale che apprezziamo immediatamente, viziati da un assolo di birre ghiacciate artigianali, consumate sotto ad un sole feroce, seduti a dei tavoli fuori dal locale, tutti rigorosamente prenotati dalle 20.30 in poi. Pilù si è organizzato un set di batteria ridotto, con il timpano al posto della cassa, e questo aiuta completamente la logistica sul palco microscopico, caratterizzata da 4 ampli: 3 per chitarra e uno per basso. A parte dei problemi di terra e di scosse nel microfono che risolviamo suonando scalzi… nel pienone del locale, riusciamo pure a farci preparare un tavolo esterno da nove, dato che a cena sono arrivati anche Luigia, Alessandro, più la festeggiata Meg, scortata da un sacco di amiche scatenate, le quali più tardi ci aspetteranno in centro, armate di un bambino di 5 litri di vino rosso. Credo siano le 23.00… dopo vari amari, caffé, prelibatezze, gli Edith partono per primi scaldando subito l’ambiente dall’atmosfera più da aperitivi e cene che da concerto. Il suono è molto piacevole, c’è un continuo viavai di gente che entra, esce, si ferma, per poi rimanere, sembrano tutti un po’ indecisi, ma comunque incuriositi. Mentre seguo il concerto, calcolando appunto tutte queste dinamiche, variabili, guardandomi costantemente attorno, mi sale un attimo di agitazione perché il concerto de Il Cane in acustico è molto scoperto, qualcuno come Francesco Criminal dice che è forse più vero perché più punk, in faccia, per il sottoscritto è più complicato perché se mi sale l’emozione, non ho scalette, tamburi o colleghi a pararmi il culo. Tutte pippe, come al solito quando arriva il mio turno mi preoccupo del “catering” sul palco mentre  delego a Mat Kyuss l’accordatura delle acustiche. Sono scalzo, mi arrotolo i pantaloni modello acqua alta a Venezia e parto con “Al fiume”. La gente si avvicina, qualcuno si affaccia alla piccola stanza. Same old Story, “cantare” in italiano in Italia aiuta a coinvolgere maggiormente il pubblico. Verso il terzo brano Mat sale sul palco e si mette alla battera, dando un potenziale al concerto assoluto. È molto bravo perché semplice, pulito, dritto, sorride e mi mette assolutamente a mio agio, facendomi dimenticare la precarietà delle mie corde vocali e un sacco di altre cazzate personali che recentemente mi invadono neuroni e umore, distraendomi dal vero obiettivo: stare e suonare bene. Ricevo molti complimenti, regalo e vendo dei dischi, Daniele del locale me li paga ugualmente, dividiamo le borse nei vari mezzi e schizziamo in centro al famoso compleanno di Meg. In giro c’è un sacco di gente, una movida pazzesca; con il fatto che la città è un enorme cantiere post terremoto, sembra che nessuno temporaneamente viva realmente in centro e abbia dunque voglia di lamentarsi  per gli schiamazzi notturni, come succede in tutte le città d’Italia. La più simpatica della truppa di Meg è decisamente la gemella treccina, alla mano; so che con lei, Pilù, Axel e Meg finiremo alle 8 del mattino di fronte ad una aglio e olio molto competitiva. Domani siamo off e andiamo a vedere lo zio Canali dal vivo a Roma. Viva le coincidenze.

Audiopaint

Rocktown – Cordenons – PN

In un periodino così ricco di impegni, tamburi, missaggi, voci agli sgoccioli, registrazioni ovunque e di ogni forma e colore, una proposta dipartecipazione ai tamburi ad una performance di Audiopaint casca a “pennello”. Giulio Masieri è una vecchia conoscenza pordenonese, ed anche se ormai sono più di 10 anni che non faccio più base nella capitale del rock’n’roll, ogni tanto cerco comunque nel mio piccolo di seguire a distanza i suoi lavori. Dietro a questo Audiopaint c’è un laboratorio che Giulio coltiva da un sacco di tempo e soprattutto una”Lavagna musicale” (direi più che magica eh eh…), che Giulio cerca costantemente di perfezionare in modo sempre più credibile. Decisamente alla buona: si parla di una tela enorme, lavabile, che solo di recente pittura condei colori a base di zucchero, miele… una specie di acquerelli di sua produzione. Per tutta la parte posteriore della lavagna sono sparsi dei piccoli trigger molto sensibili che al contatto con il pennello di Giulio vanno ognuno a percuotere a loro volta un tasto di una delle ben 64 piccole tastiere midi divise musicalmente fra pianoforti, archi e credo fiati, disposte in modo super meticoloso per tutta la superficie. Il controllo dell’armonia è inevitabilmente abbastanza complicato e ogni tanto randomatico, ma il risultato è pazzesco, soprattutto se si pensa che allo stesso tempo Giulio disegna velocemente splendidi metri quadri di teschi durissimi. Siccome la trasferta di oggi non si ferma in Friuli, ma a fine concerto prosegue per il lago di Garda dove la Sandre (in piena stagione) aspetta il sottoscritto e la Nena Fe per sazi festini, scrocco letteralmente il mezzo al Settimo, lo riempio di tamburi, metto alla guida la Nena e verso le 17 siamo al locale di Cordenons. Giulio è sempre uguale, oggi “particolarmente” dato che ieri mattina sono entrato da un ottico e dopo 10 anni senza vedere, ho comprato una borsa del Despar di lenti a contatto. Monto la mia batteria (guardando il palco dalla sala) sulla destra, in modo da lasciare campo libero al Guerriero Giulio, facciamo un rapido soundcheck improvvisando totalmente, più che altro per regolare i nostri ascolti nei monitor e ci piazziamo fuori dal locale a bere birre accogliendo tutti i vari amici pordenonesi. La squadra base è semplice: Alberto Kuntz, Claudio Swaighel, Peter, Bravin, Luca Santarossa con donna, Nicola Furlanetto già linkato con il barista come con le noci in cucina, ed infine Banano accompagnato da un sacco di ulteriori amici altissimi! Stranamente, mi nutro prima della performance e mi armo dell’ennesima birra…: se mi piace bere quando so cosa devo fare, figuriamoci quando non ne ho la più pallida idea. La sala è piena di gente molto concentrata; Giulio (su consiglio del gestore del locale) sale sul palco e spiega ai presenti il funzionamento della “Lavagna magica” per poi iniziare impeccabile questa danza fra primi schizzi sulla tela e prime note di piano nella sala. Non aspetto molto, perché ho l’ansia di non avere il controllo con il mio strumento, dunque salgo sul palco, guardo la tela, ascolto dal mio monitor, prendo la velocità e mi lancio in un groove. Anche se per la prima volta in vita mia ci vedo, non riesco ad osservare costantemente il disegno di Giulio, dunque molto spesso ascolto più che guardare, cerco un equilibrio soprattutto emotivo, cerco di creare tensione grazie alla dinamica del mio strumento, picchiando o sfiorando i tamburi, mi lascio trasportare dalla violenza del rosso sangue sulla tela e la faccia di Giulio, dagli schizzi, dall’energia di questa performance, che Giulio intelligentemente condivide ogni volta con musicisti diversi, rendendola imprevedibile e, ovviamente, differente. Il resto del festino è una giornata speciale coronata dall’acquisto di un paio di occhiali da sole, la caduta del mio cellulare da 16€ dentro al lago di Garda (funziona ancora…) e il tilt totale del Trackpad del mio portatile caratterizzato da una freccetta del mouse che si muove come in piena epilessia, clicca e apre cose da sola, una bomba direi… viva il “Matteino e la tecnologia” e soprattutto grazie Giulio.

Il Cane (+ Monociglio on fire Dj set)

>Far East Off – Giù al Nord – Udine

Il “Boomerang Tour” persiste senza tregua e questo giro siamo in casa per la quarta volta in quattro dischi: la prima al No Fun con Dejligt nel 2007, la seconda con “Metodo di danza” a dicembre 2011 a Cas’Aupa con gli Alfabox, la terza in piazza a Spilimbergo nel 2012 in acustico per il “Risparmio energetico Tour” grazie al Progetto Giovani e “finalmente” oggi per le serate del Far East Off al Giù al Nord, in accoppiata con il dj set di Gian Alfabox Monociglio on fire. Le ragioni per le quali non mi esalto molto a fare concerti a Udine, sono spesso il bagaglio di tensioni che si accumulano, più il notevole investimento di energie che paradossalmente si devono inevitabilmente buttare al centro per riuscire a spostare gli amici da un bar a quello dove avviene il concerto, più tutta la comunicazione via telefonini, mail, radio, quotidiani e passaparola nei giorni precedenti all’evento. Andiamo in ordine: sono tre giorni che mi salvaguardo la voce fumando tre sigarette al giorno, continuando da settimane con l’Aerosol prima dell’ipotetico intervento alle corde vocali, provando i brani senza strillare, cambiando le corde alle due acustiche sempre più fedeli, comprando un capo tasto da 30€ e un accordatore super illuminato dalla spocchiosa mono neurone del negozio vicino al teatro. Mi sveglio, faccio decine di giri per Udine a recuperare microfoni, plettri, menate, metto in ordine la casa e aspetto Gian il quale in teoria dovrebbe passarmi a prendere per andare a Radio Onde Furlane ad Attitudine dal Viet a promuovere l’evento. Non ci capiamo e scopro che ha già raggiunto in autobus la sede di fronte all’ex Treblinka. Prendo la bici, metto la chitarra dietro alla schiena modello zainetto e schizzo più veloce della luce prendendo rossi, sensi unici… quando entro in diretta in stanzetta faccio un casino micidiale e forse un attimo in ipo, mi “rilasso” scambiando due chiacchiere con Gian e il Viet, il quale intelligentemente sembra abbia deciso di sfruttare questo programma radio per correggere e superare i suoi problemi di balbuzie ih ih! Ovviamente scherzo e, da dietro il vetro, io e Gian non facciamo altro che provocarlo, forse per metterci noi per primi a nostro agio! Suono un brano inedito dal titolo “Boomerang” scritto poco prima dell’uscita del disco dallo stesso titolo, l’unico ad averla sentita prima mi sembra sia stato Miki dei Novalisi. Il Viet investe gli ultimi pochi minuti di trasmissione dicendo in diretta cose tipo: “beh di cosa si si si parla? Oggi non ho proprio voglia di parlare, preferirei guardare una puntata di…” lo amo. Schizzo a casa, arriva il Pierasco da Pordenone, carichiamo l’ammiraglia e via in centro. Pie’ investe 2.30€ nel parcheggio, ridendo “imponiamo” a Paola e Simone del Giù al Nord di suonare tassativamente all’interno, smontiamo il backline e decidiamo di non muovere più l’auto salvaguardando così il posto macchina più che elitario per questi giorni di Far East. Suoniamo con l’impianto degli Arbeiter, e per fortuna all’appuntamento troviamo anche il Uanza che oltre a collegare il tutto, ci imposta nel mixer gli unici tre canali che ci servono: due voci (microfoni di Dave, i miei uno si è distrutto, l’altro l’ho dimenticato a Caserta) e la linea mono per le basi. Inizialmente Beppe è un attimo preoccupato perchè dice che abbiamo troppa strumentazione, stiamo invadendo tutto lo spazio e non vuole perdere troppi posti a sedere. Andrea Frosinone perde la coincidenza a Mestre e ritarda di mezz’ora; una volta montato il tutto, aspettandolo passiamo una piacevole oretta a parlare e scambiarci dischi fuori dal locale con gli stra simpatici Tadej e Petra, già organizzatori del festival in Slovenia sull’Isonzo dove la scorsa estate, dopo 7 anni, ho rivisto Amaurì suonare con gli Ulani. Andrea scende dall’autobus a pochi metri e dopo una sigaretta veloce, in meno di mezzora ci togliamo dalle wollere il soundcheck aiutati da Gian, Peppe, Simone e qualcuno in aperitivo anticipato. Che dire, sono molto nervoso, spero che tutto il lavoro fatto per promuovere l’evento porti i suoi frutti, il primo è quello super di Ale Ventura il quale convince la sua donna Maela a raggiungerlo con tutta la prole composta da ben tre figli. Proprio quando Pierasco ribadisce che nessun pordenonese ha intenzione di muoversi ecco che appare pure a sorpresa e schizzatissimo il super Albi matematico Kuntz e verso le nove e mezza il piazzale e l’interno del locale udinese incomincia anche a riempirsi. Partiamo con “Nero” che sbaglio come al solito perchè iniziando il concerto vengo automaticamente distratto dal fatto che il mio microfono innesca con le spie e fischia in modo devastante, anche se sposto l’asta fuori dal range delle casse non cambia nulla, equalizzo il mio canale togliendo gli alti e “risolvendo” in parte il problema, peccato che a quel punto non si capiranno più le parole per il resto del concerto. Deison, Sandra, Gianlu, mio padre in prima fila: mentre suono vedo facce conosciute come no, Lorenzo e Betta di Lignano, Mircone, Gae… insomma ci siamo tutti e ora bisogna solamente fare quello che stiamo facendo da più di venti date e da più di venti anni: suonare e stare bene…

Il Cane

Jarmusch Club – Caserta

Risveglio da Oscar… in stanza siamo rimasti io, la Nena e Andrea battero. Se io e la Nena abbiamo dormito tre ore è già tanto. Andrea battero è in piedi, vestito, vicino al mio letto e lo sento spruzzarsi del deodorante, regolarmente post nessuna doccia. La Nena è gonfia come il sottoscritto, so che faccio una doccia ma la fatica è mostruosa e prima di mettere a fuoco qualcosa della sera prima ci vogliono ore di viaggio. Una cosa è certa: la mia voce è partita del tutto e la colpa è solo mia. Pierasco è nella hall dell’albergo vuoto in piene telefonate di lavoro, lasciamo le chiavi della camera alla reception (ovviamente dimenticandomi attaccate al mazzo anche quelle di casa mia… seconda volta della settimana) e partiamo con quella di raggiungere la stazione di Prato per mollare la Nena al volo. L’operazione funziona, ma piove, siamo all’ora di pranzo ad una piccola stazione dei treni prima di Prato, pranziamo con dei panini schifosi in una paninoteca e ripartiamo. Il TomTom dice quattro ore e mezza, spesso mi addormento seduto davanti, chiedendo il permesso all’invincibile buon Pierascador, il quale, previdente, la notte prima si è fatto riportare in albergo dormendo per ben 8 ore, in realtà come una persona normale. Verso le 19, in perfetto orario, parcheggiamo di fronte al Jarmusch Club, stranamente non ci sono parcheggiatori abusivi, e ad accoglierci troviamo una delle due sorelle super gentili di Sossio, già gestore del locale, affiancato come lo scorso dicembre al gig dei BCO, da Simona e Daniele barista. Quando a breve arriva anche il buon Sossio con parte della batteria, ci abbracciamo e cerchiamo di seguire la logistica degli strumenti sul palco mignon, ma stra cool accorgendosi che manca il pedale e lo sgabello della batteria, perché probabilmente via mail non mi sono spiegato come si deve. Suoniamo con le spazzole, le basi si sentono benissimo, Sossio è seduto su un tavolino di fronte e dice che il suono va bene, che non facciamo troppo casino e che in pratica è tutto sotto controllo. Daniele prepara una pasta con il pomodoro, ordino del peperoncino, un litro di vino rosso, delle patatine enormi, glicemie impeccabili e sono già al bar a rilassarmi aspettando l’arrivo della gente. La chicca della serata è sicuramente il fatto che in accoppiata al concerto del Cane, hanno organizzato al banchetto merchandising una colletta per raccogliere dei fondi per i cani randagi della zona, con quella che se gli invitati vogliono possono portare pure il loro vero cane; purtroppo non vedo quadrupedi per tutta la serata, ma Paola responsabile al banchetto raccoglie delle donazioni in un piccolo salvadanaio in terra cotta a forma di gatto e il fatto che io non abbia mai avuto un cane, ma viva in mezzo ai gatti, fa totalmente chiudere il cerchio. Una delle due sorelle di Sossio è responsabile all’entrata, dunque man mano che entra il pubblico fa accomodare gli invitati sui tavolini, seguita da Simona che si occupa di consegnare i menù al tavolo e prendere le ordinazioni. L’orario di inizio non mi è chiaro; faccio accordare le mie acustiche a Simona perchè sostiene di avere lo stesso accordatore di Pierasco, e dato che lo uso per la prima volta solo da due concerti, prendo l’occasione per lanciarmi al bar con quella di rilassarmi prima dello show. Il Jarmush, molto jazzy, è piccolo e ha un’atmosfera particolare e, da orbo, non riesco a capire dal palco se la seconda sala è vera o è un riflesso di un ipoetico specchio… lo confesso durante la performance e qualcuno in fondo alza la mano confermando la mia miopia e palese confusione emotiva. Il concerto ha il suo perché, siamo sciolti, la mia voce mi lascia nelle più complicate “Il sole e poi la pioggia” e “Raderla al suolo”, ma per il resto il gig fila come si deve, il cabaret per far capire alla gente che siamo degli esseri umani ai quali piace molto suonare bene ma senza prendersi troppo sul serio, cercando di interagire prima di tutto con loro, ha il suo riscontro piacevole e fra una rullata, il solito accordo sbagliato di “Mercoledì”, una battuta divertente, sento il concerto crescere, vero, spontaneo, calcolato, ma quanto basta per farci stare bene senza tante maschere mancate rock’n’roll. Regalo molti dischi e a dire il vero non ne vendo nessuno, gioco a dadi con Simona e Daniele, mi faccio offrire dei salumi, conosco un sacco di bella gente, soprattutto quando mi siedo al bancone con Paola e delle sue amiche. Carico la macchina con Pierasco mentre Andrea battero al posto di stare al cellulare, questo giro mangia delle patatine fritte, per poi avviarsi a casa del solito e gentile musicista industrial anni 90, il quale la volta scorsa ha ospitato Matteo e Paoletto dei BCO. Rimango al locale, bevo, fumo, mi rilasso, in “funzione” della prossima settimana in arrivo e soprattutto del viaggio di 9 ore che ci aspetta domani da Caserta a Udine, dove in autostrada, a 80 km di distanza da casa, ma a 3 km da un autogrill, io e il Pierascador finiamo la benzina dell’auto e il sottoscritto sarà costretto modello Rambo a farsi 3 km all’andata e 3 km al ritorno in mezzo ai guadi, al fango, ai fiumi accanto all’autostrada, per recuperare 1 litro e mezzo di benzina in una bottiglia di plastica dell’acqua, evitando 150€ di chiamata del carro attrezzi… zizza e viva le tope.

Il Cane

Controsenso – Prato

Diciamo che il giovedì off ferrarese con visitina aperitivo dalla Zizza e Manu a Corlo più abbuffata notturna dalla Nena, rimette totalmente in riga il sottoscritto… Ferrara – Prato è un tragitto più che gestibile, infatti topa Nena accetta il nostro invito toscano e zompa in auto, inizialmente con quella di fare da secondo pilota, poi in realtà prende posizione immediatamente e guidando porta tutta la crew fino al Controsenso. A parte il traffico pre pasquale, gran rischio per il ritorno domenicale da Caserta, quando siamo di fronte al solito capannone del Controsenso, troviamo ad accoglierci Ale Gallicchio con Marchetto Lega e le due solite bariste del locale. Non ci sono grandi ansie: siamo in largo anticipo e Leonardo, già fonico e responsabile dell’impianto, si coordina senza problemi con il Lega, facendo risparmiare un sacco di tempo a tutta la squadra. Una volta impostati i suoni e fatti i monitor, l’idea è quella di provare “Alla grande” con una nuova base dove, avendo scritto un nuovo organetto, mi permetterebbe di slittare ai tamburi per tutta la prima parte del brano, prendendo la chitarra solo sul finale. La cosa non funziona molto; ci perdiamo sulla metrica e oltre a farmi riscrivere tutto il testo dalla Elena e scocciarlo sul side di sinistra del palco perché non lo imparerò mai…, decidiamo di farla libera senza basi: dunque solo basso, batteria dub e voce, in pratica la prima mitica versione improvvisata, scoperta per caso al locale del mitico cuoco One love a Porto San Giorgio (FM). L’arrivo di Daniele titolare e il barista piacione coincide con quello delle pizze e di un ulteriore cathering, probabilmente in eccesso e arrivato per errore di comunicazione interna dello staff. Ci sfamiamo, beviamo come si deve e quando sono le 23 (ad un’ora e passa dal concerto), andiamo in un piccolo arci fuori Prato a bere un assolo di spritz Cynar serviti da una guerriera gentilissima sulla cinquantina, purtroppo troppo provata dalla giornatina lavorativa per riuscire a venire ad assistere al concerto. Stiamo in forma, dopo molte sigarette, incontri con un sacco di gente, la nuova coppia Lega e Nena super affiatata, finalmente siamo pronti per incominciare il concerto; chitarre accordate, “Nero” con i tamburi e via. Per essere venerdì c’è meno gente del solito, ma è anche il weekend di Pasqua, unica cosa certa rispetto all’ultimo gig di sabato con Il Mercato, l’atmosfera nel club è molto più tosta e la gente reagisce urlando alle nostre provocazioni da mancato cabaret fra un brano e l’altro. Non vedo molto, beccare gli accordi, soprattutto quello del dodicesimo tasto con i due pallini, è un’impresa e cerco almeno di impegnarmi nel cantare stando attaccato al microfono, come consigliato dal buon Marco prima del concerto. La voce nei monitor si sente molto bene, se potessimo girare sempre in club con queste caratteristiche tecniche, allora avrebbe stra senso avere un fonico, usare delle basi magari pilotate da un software con le tracce divise in modo da poter avere la possibilità di intervenire sui volumi indipendenti l’uno dall’altro, incastrandole maggiormente sulle nostre “corde” voci e tamburi. Sembra che al mio quarto disco solista (considerando Il Cane in inglese Dailit) questa sicurezza, qualità di produzione, non faccia ancora proprio parte del festino, però quando guardo il palco e vedo l’asta con il mio tom, piatto e campana, in alto, epica, posizionata sul tipico bidone in metallo, il palco dallo sfondo nero, mi sembra tutto molto industrial anni 90.”Alla Grande” dub funziona, come la mia voce che forse come un mona tiro decisamente troppo, probabilmente per i due Negroni super “energetici” sul palco. Sono felice, non mi perdo a fare merchandising, anzi regalo più di una copia a Daniele, Leonardo fonico, le due ragazze, Gallicchio e un ragazzo in sala, il quale presenzia preso bene per tutto il concerto di fronte al palco. Ovviamente, come fa notare il buon Pierasco, il quale appena finito il gig smonta e si fa portare in albergo, tutta la gente preferisce stare all’aperto a urlare e fumare… siamo in piena zona industriale, strano ma vero non si ha problemi di schiamazzi notturni, perché non diamo fastidio a nessuno. Marco, gentilissimo, cerca di spiegarmi che vorrebbe togliere questo e quello dalle basi, un po’ come era successo con Il Mercato Nero la volta prima; in modo gentile mi oppongo, perché credo che quello che ho da dire di elettronico, ritmico nelle basi mi piace molto e anche se la band sul palco funziona, non voglio perderlo o sostituirlo. A festino concluso, mentre io, la Nena, Ale Gallicchio e il battero Andrea carichiamo le ultime aste in auto, scopriamo Marco distrutto in un angolino del locale, gli shottini criminali del locale non sono molto salutari e come la roulette russa, ogni tanto qualcuno ci rimane, questo giro è il turno di Marchetto il quale verrà accompagnato a casa dal super Gallicchiolo. Domani Caserta, ovviamente per essere sicuro di essere in forma faccio le 7 del mattino a parlare all’aperto sotto la pioggia con la cucciola Nena, fumare un mondo di inutili sigarette, confrontandoci da amici su temi esistenziali da ubriaconi e non, non dico che siamo seri, ma ogni tanto lo sembriamo pure ah ah! Per fortuna è ricominciato Game of Thrones, viva il nano e che figata che hanno avvelenato quella merda insopportabile del re bambino.