matteite

elio p(e)tri

La Casa 139 – Milano

Alla fine dei conti, al di là dei cachet molto bassi e la necessità di suonare ogni giorno in modo da coprire spese, vitto e alloggi vari (scuola inevitabile per promuovere qualcosa di completamente nuovo come elio p(e)tri), questi ultimi due giorni off caratterizzati da rilassanti pranzi e cene nel nido Dainese in compagnia di Chiara, mio padre, emi, mia sorella gemella Martina, sono stati estremamente rilassanti e obiettivamente ricaricanti. La differenza la si sente a Milano da Lavinia, poco prima del sound-check, quando ci si organizza per la serata in arrivo di fronte ad un caffè, ragionando sull’uscita del suo disco, osservando il fondo schiena della sua giovane e impostata coinquilina, quella dispersa mesi prima alla festa dei 18 anni di Lavinia, mentre il Matteino propone alla madre di giocare al gioco della bottiglia… Alfredo, il fonico, e il barista rasta Roberto della Casa sono sempre i soliti, mi riconoscono subito e una volta montata la baracca sul palco, siamo pronti a lavorare sui suoni, a provare la voce di Lavinia, che oggi ci stupirà con dei cori da urlo coordinata pure da Barbuz, che è appena arrivata scortata da mia cugina Chiara e Paolo armati di due telecamere per riprendere il gig e in caso sfruttare le immagini per un ipotetico video di Bradipo che verrà seguito a Genova a gennaio dall’amico e regista di Emi, Michele, anche lui presente in sala. I guest della serata sono svariati a partire dal Gatto, Kuntz, la Rosy e la ex di Wakonda. Pizza, birre e vodka a volontà. Questo giro riesco a inchiodare la batteria in modo impeccabile, come a suonarla senza pose varie, siamo straconcentrati, iniziamo a prendere confidenza con questo set che implica molta concentrazione, ma anche voglia di lasciarsi andare e scacciare questa attitudine lay back tipica degli insicuri, di quelli che non sanno ancora bene come dire le cose, come bagnare del tutto quelli di fronte. Il post gig è delirante, la casa è il solito meeting di musicisti e conoscenti come Dente, gli Afterhours, Cesare Basile e molte bimbe del giro che vanno matte per finire a letto che le rockstar. Peccato che io non abbia mai fatto parte di quella schiera neppure in tutti gli anni nei quali sono riuscito a pagarmi l’affitto con questo mestiere, ciò non esclude che al quarto shottino a una morettina di queste avrei fatto il festino senza passare dal via… Segue un difficile smontaggio del palco, la paura di dimenticarsi tipo tutto, annaffiare chiodi e pinze con le ultime pinte di birra in bilico su custodie di chitarre ancora più marcie, come il mio desiderio di scopare, oppure semplicemente di fumare e dormire per riuscire a riconoscermi il giorno a seguire, fra glicemie opposte a quelle che dovrebbero essere dopo un festino del genere, tasche vuote e ancora la voglia di ricominciare tutto da capo e magari nella fortuna imparare qualcosa di nuovo. Perdonare non è come dimenticare, sono due cose diverse, o bere non è come fumare e se mixi le due cose allora sei pronto per livelli superiori di rincoglionimento o come alle sei del mattino con la dolce Santi a casa della Benedetta, di ripiglio assoluto.