matteite

elio p(e)tri

Fanfulla – Roma

Ci siamo o meglio siamo alle solite; il glorioso calabrese e amico Andrea arriva come al solito con quasi un ora di ritardo all’appuntamento fuori dal Fanfulla! E’ strasorridente e vestito in modo impeccabile, dunque la mia prima ipotesi è che il nostro si sia particolarmente innamorato… Ci sono un sacco di aspettative per questo concerto, un bel po’ di amici di tutti in arrivo, specialmente quelli di Emi, che fanno base a Roma da sempre, dunque cerchiamo di calibrare tutto sul palco in modo impeccabile, senza scordarci delle modeste capacità tecniche del circolo così come quelle alcoliche del bancone, ovviamente assolute. La pizza squisita (grande fortuna in questi giorni) come il calcetto pre-check arrivano puntuali; a panza piena si ragiona meglio sulla distanza dell’unica spia in sala, sul volume dei violini nei monitor, sulla piacevole disponibilità di Sergio (ormai fonico fisso del Fanfulla) sul nostro efficace ma breve set di 50 minuti che ci permette di incominciare alle 23.15 invece che mezzora prima, con un circolo, strano ma vero, totalmente full e una presentazione a sorpresa della band a cura di una divelta ma strasimpatica Arancia, che alla scoperta del nostro ruolo (non solo di clienti) invade immediatamente il palco. Realisticamente c’è un sacco di gente, bevo vodka e birra sul palco mentre la base di Macelleria inizia a rimbombare ovunque, sono emozionato, non c’è nient’altro da dire, pochi minuti prima di questo suono non sono riuscito neppure a salutare in modo umano la dolce Chiara che non incrociavo da mesi. Anche il Viet è nel medesimo stato confusionale, ma è decisamente meno riconoscibile ed evidente del mio. Emi sta cantando sempre meglio, sta prendendo sicurezza su quello che deve suonare con la chitarra e soprattutto su quello che deve fare uscire al di sotto dei baffoni con ricciolo. Per fortuna riesco a sentire vagamente i violini e anche questo giro per ben due volte riesco a rientrare sulla metrica riportando in qua la squadra concentrata ma purtroppo impanicata. Il pubblico è caldissimo e molto, una cosa rara per una piazza come Roma, spesso fredda e decisamente viziata da centinaia di concerti al giorno in qualsiasi momento della settimana. Siamo sul finale, succede qualcosa di strano, punk, ma anche molto d’effetto: sul finale decisamente “Touch and go” di Denti nessuno dei miei due compagni di merende si decide a chiudere il brano in modo “corretto”. Mi sale il nervoso post vodka e oltre a lanciare lo sgabello addosso a Emi distruggo completamente la battera… Il pubblico si esalta. Solo noi sappiamo che è uno sfogo e che il mio giramento di coglioni non è una posa, ma una realtà. Chiedono un bis, rialzo il poco che riesco della ferramenta, mi metto nudo e partiamo con una versione de La ricetta dell’uomo perfetto sempre più punk, lunga, cacciarosa, efficace…è come uno dei testi nuovi del Cane, non prenderti sul serio! Siamo eccitati, felici, prima che la gente zompi sul palco e soprattutto che il pubblico del gig venga sostituito da quello ubriacone e regolare del circolo, delego la vendita dei dischi al gruppo e chiacchierando al volo con Gianluca di Radio Città Aperta, smonto in diretta tutto il backline on stage. Finita questa operazione, forze in prospettiva di un possibile trasferimento e lavoro in quel di Roma, forse per le tette mega giganti e gli splendidi occhioni di Eddy la barista, forse perché ho poca esperienza ma amo farlo perché post concerto mi schizza la concentrazione e l’adrenalina a mille… mi faccio arruolare a gratis come barista. Svuoto un bidone del vetro enorme e poi attacco a spinare birete, shottini di Vodka Madonna (con il tabasco e il limone) e mi lascio andare divertendomi come non mai. Al momento del pagamento la squadra è demolita, Andrea mi molla il cachet previsto, Emi sbotta perché dato l’afflusso di gente fin dall’inizio serata, vuole giustamente più dindi ma non c è nulla da fare, ci iniziamo a menare per ridere fra di noi, c’è tensione nell’aria… Il Carta accompagnato da una vecchia fiamma bergamasca di Emi e un coinquilino che scoprirò giorni a seguire essere triestino, ci recupera quasi per le orecchie e gentilmente ci riaccompagna all’ovile angelelli a pochi centinaia di metri. Ricordo la faccia delusa e sbavosa misto logorrea galoppante di Emi distruggere l’energia e la quiete della sua cucina mentre spariscono tutti e io rimango da solo all’alba, sulla poltrona, in totale risparmio energetico; suono per tutto il tempo lo stesso arpeggio con l’acustica stonata, sono depresso, sono pieno di paranoie sul disco del Cane, sulla Tempesta, sulla Matteite, su come si può fare, quando si hanno delle cose da dire, a farle arrivare al prossimo senza rimetterci interi stipendi che vedo forse due mesi all’anno.