Blue Dahlia – Marina di gioiosa jonica ( RC)
Il giorno di stallo post Fanfulla a casa Angellelli con Eleonora, la splendida e gentile sorella di Emi, sono quello che ci serve per riprendere le forze. Peccato solo che dopo un pranzo-cena alle sette del pomeriggio a base di purè di patate e castagne lesse, una pasta finocchi e broccoli, il vizietto in streaming sul mac e soprattutto 4 litri di vino rosso pugliese del vinaio del Pigneto, la serata riparte senza compromessi. Mi ricordo di Dan con gli Sporchi (piacevole incontro mancato il giorno prima causa nuovo video dei Baustelle), di un ragazzo rumeno che forse butterà al centro una data a Bucarest, di una proposta per una data la domenica post Blue Dahlia di supporto a Ulan Bator… Ma torniamo a oggi, quando dopo otto ore filate di viaggio da Roma, imbocchiamo la solita vietta sul lungomare di Marina di gioiosa ionica (le hanno cambiato il senso, siamo in controsenso) parcheggiando di fronte al locale in perfetto orario. Ruggero, titolare e amico non è ancora dei nostri, mentre durante lo smontaggio “conosciamo” Marco (fonico-tuttofare), la moglie di Ru e una cameriera polacca molto carina. Il mood iniziale è molto rilassato, forse troppo, la paura che non arrivi nessuno al gig è alta, soprattutto post soundcheck durante la splendida cena, quando Ru mette le mani avanti dicendo che neppure la tradizionale inaugurazione annuale del nuovo menu del ristorante ha invogliato i giornalisti invitati a muovere il culetto per venire a mangiare a gratis orge di prelibatezze! Perdiamo delle consumazioni per bere, ma dopo la cena passiamo comunque a vodka e birra. Mentre beviamo all’aperto in maglietta e constatiamo che in Friuli nevica, parlando anche di lavoro, topa e tutto quello che concerne le nostre vite, forse stressate, forse meno banali di altre, ci accorgiamo che a mezzanotte e mezza la gente incomincia ad arrivare, dividendosi in gruppetti molto discreti in giro per tutta la via e sotto ai gazebo di fronte al club. E’ ora di suonare, il Boss scopre che abbiamo un set di 50 minuti e dice che dobbiamo proseguire per almeno un ora e mezzo, mi viene da ridere, ma a differenza dei miei colleghi, conosco bene il posto, so che ha ragione e mi rilasso perché sono sicuro che troveremo una soluzione degna degli elio p(e)tri. Sono ubriachetto, la battera si muove sulle mattonelle di coccio enormi, ma i due massi rubati nel magazzino vicino mi danno un minimo di guadagno bloccandola a rate. Il suono è molto bizzarro, perché riflette tantissimo sulle alte, dunque quando ci do dentro sui piatti, anche se intelligentemente uso le spazzole, il white noise diventa gratuito impedendo al Viet ed Emi di capire bene il loro “sporco”, ma fondamentale lavoro. La gente sembra spocchiosa, disinteressata, però a lungo andare incomincia a scaldarsi in modo piacevole, anche se le battute gratuite sulla troiaggine della sorella di Emi creano della tensione gratuita, di quella che ti consiglia di andare dritto fino alla fine perché tanto non si ha nulla da perdere. Si alternano dilatazioni di brani con improvvisazioni più comode che belle, però decisamente punk a mio gusto, soprattutto sul finale quando riparte la cover di Where is my mind?, con un nuovo guest del pubblico, con il Matteino nudo, schizzato, con le mani piene di sangue perché la foga con le spazzole ha preso il sopravvento su tutto, tutti e il sottoscritto prima di tutto. Non so bene cosa pensare, nel post gig si vende abbastanza cd, si conosce una squadra di ragazzi stragentile che ci aiuta a smontare e a rilassarci prima di un viaggio di otto chilometri all’alba con tappa intermedia al mare e poi vicino a una chiesa, con la magica voglia del Cane di entrare insieme a tre signore del paese, disposto pure a liberarsi della sua dolce metà Moretti in cambio di questo viaggio mistico, ma probabilmente a rischio lupara, dato il luogo, la cultura locale, l’ora e il mio stato assolutamente discutibile. Poi dopo che una macchina bianca ci segue in pieno giorno per tutto il tragitto, generando strani sospetti nella squadra, arriviamo nel nostro appartamento nel nulla. Lo riconosco, ci sono già stato diverse volte, mi infilo vestito con tanto di Wurwich sotto le coperte e penso: “Che fortunati…”.